In seguito all’introduzione delle prime apparecchiature ortodontiche, avvenuta nella prima metà del novecento, tutti gli sforzi fatti dall’ingegneria biomedica e dall’ortodonzia erano esclusivamente rivolti a semplificare notevolmente le tecniche esistenti e migliorarne le performances, senza rivolgere particolare attenzione all’impatto estetico che l’ortodonzia aveva nei confronti dei pazienti. Per molti anni portare un dispositivo ortodontico era infatti considerato sinonimo di bruttezza o goffaggine, tanto che, nell’immaginario comune, il classico ragazzino impacciato indossava un’apparecchiatura per i denti, rendendo sempre più problematica l’accettazione del dispositivo medico da parte di chi ne avesse la necessità.
Fortunatamente, nel corso degli anni, con l’intento di favorire l’accettazione psicologica di questo genere di sistemi, la ricerca si è sempre più concentrata nel produrre dispositivi che avessero, oltre che delle proprietà meccaniche più performanti, anche un impatto estetico meno traumatico. Sulle apparecchiature fisse vestibolari, applicate sulla superficie visibile degli elementi dentari, l’ortodonzia ha infatti raggiunto un buon compromesso tra estetica e funzionalità, mediante l’introduzione di componenti di dimensioni e forma più aggraziati e, in alcuni casi, realizzate con materiali in grado di riprodurre il colore degli stessi denti. Si è così raggiunta una situazione tale che, ad oggi, portare un apparecchio ortodontico, viene spesso considerato come un fattore in grado di esaltare la personalità di chi lo porta, indossato spesso con disinvoltura soprattutto dai più giovani.
C’è però da considerare che, mentre i più giovani sono più portati ad accettare la presenza di un dispositivo ben visibile, anche in relazione al fatto che si tratta di un’esperienza che condividono con una buona percentuale dei loro coetanei, non si può certo dire che lo stesso valga per gli adulti, i quali sono spesso portati a ricercare l’assoluta o quasi assoluta trasparenza dell’apparecchiatura che, in molti casi, si sono rifiutati di portare da adolescenti. Tra coloro che ricercano questo genere di dispositivi, c’è da aggiungere quella percentuale di individui che hanno già indossato per alcuni anni delle apparecchiature ben visibili e che, a causa di più o meno importanti recidive del trattamento precedente, si ritrovano a doversi nuovamente sottoporre ad un trattamento ortodontico con la precisa richiesta di potersi servire di un dispositivo differente, “che non si veda”.
Alla luce degli attuali progressi raggiunti dall’ortodonzia moderna, siamo in grado, attualmente, di soddisfare anche le esigenze di queste tipologie di pazienti che possono così beneficiare dei vantaggi offerti da un’apparecchiatura ortodontica, indossando un dispositivo che risulti invisibile o quasi invisibile. Inoltre, la sempre maggiore informatizzazione dei processi di costruzione delle apparecchiature ci ha permesso di individualizzare sempre di più i dispositivi impiegati, creando dei trattamenti personalizzati per ogni singolo paziente, sulla base, non solo delle caratteristiche della malocclusione, ma anche delle caratteristiche anatomiche di ogni singolo elemento dentale. Le apparecchiature così prodotte potranno essere impiegate solo e soltanto per quel paziente, rendendo così più predicibile il risultato del trattamento stesso.
I sistemi che ci permettono di raggiungere tali obiettivi grazie all’ortodonzia sono principalmente due:
- Allineatori trasparenti
- Apparecchiatura ortodontica linguale “customizzata”.
Gli allineatori trasparenti, sono da includersi all’interno della categoria delle apparecchiature quasi invisibili. Si tratta di mascherine di materiale termoplastico che abbracciano la corona degli elementi dentari favorendone il movimento. L’idea originaria di questo nuovo sistema per modificare la posizione dei denti non è così recente. Già nel 1945 Harold Kesling sperimentò la messa a punto dei primi sistemi di allineatori, mediante la realizzazione di un set-up per la fabbricazione di una serie di mascherine in caucciù. Da allora, fino ai giorni nostri, in seguito all’ingresso nel mercato dell’Invisalign® (Align Technology inc.), il marchio attualmente più conosciuto e diffuso nel mondo, numerose pubblicazioni scientifiche si sono soffermate sia sui vantaggi che sugli inconvenienti relativi all’utilizzo di questi dispositivi termo stampati.
La fabbricazione di questo genere di apparecchiatura, che presenta un aspetto simile a quello delle mascherine impiegate per lo sbiancamento dentale, ha inizio con la raccolta del materiale riguardante il caso in esame: foto, radiografie e un’impronta fisica (eseguita con materiali di altissima precisione) o una scansione digitale degli elementi dentari utilizzati per creare un modello tridimensionale delle arcate del paziente che riproduca fedelmente le caratteristiche anatomiche di tutti gli elementi dentari da includersi nell’apparecchiatura. I dati raccolti vengono in questo modo trasmessi ai tecnici, i quali provvederanno a creare una simulazione digitale (con i sistemi più moderni) della correzione della malocclusione in esame, sulla base delle indicazioni fornite dal medico prescrittore dell’apparecchiatura che ha elaborato il piano di trattamento. I dati del piano di trattamento approvato, inviati ad uno stabilimento automatizzato, porteranno alla produzione personalizzata di ogni singolo allineatore.
La parte attiva del trattamento ortodontico prevede la periodica consegna degli allineatori al paziente. Al momento dell’inserimento di ogni singola mascherina, questa sarà estremamente attiva, sprigionando su ogni elemento dentale una forza atta a passivizzare la mascherina stessa, per poter poi passare allo step successivo e rendere le arcate pronte all’inserimento di un nuovo allineatore attivo. Questi ultimi andranno sostituiti a cadenza bisettimanale o mensile, a seconda del caso e regolarmente monitorati dal medico prescrittore, il quale accerterà l’effettiva corrispondenza tra il modello digitale di simulazione dei movimenti dentari e la reale risposta individuale alle forze applicate sui denti, in modo da poter apportare le eventuali e necessarie modifiche al piano di trattamento.
Questo genere di sistema è in grado di portare alla correzione di un gran numero di mal occlusioni, grazie anche alle proprietà dei nuovi materiali attualmente impiegati e alla continua evoluzione dei protocolli di trattamento, è comodo da indossare e consente di gestire in maniera più semplice l’igiene della bocca, avendo la possibilità di essere rimosso durante le consuete manovre di igiene orale quotidiana. La trasparenza del materiale con cui le mascherine vengono fabbricate, le rende praticamente invisibili, riducendo notevolmente il disconfort legato alla presenza di un’apparecchiatura francamente riconoscibile.
Tuttavia bisogna tener presente che non è un sistema ideale per la risoluzione di tutti i casi. Si tratta, infatti, di un dispositivo rimovibile, il cui funzionamento è strettamente legato alla collaborazione di chi lo indossa. Perché si possano avere dei risultati apprezzabili è importante che venga portato 20-22 ore al giorno e rimosso solo per i pasti principali. Le caratteristiche intrinseche dell’apparecchiatura non permettono, inoltre, di avere dei risultati ottimali nel correggere a pieno determinati problemi dentali e ottenere, per esempio, la risoluzione di forti rotazioni (specialmente di elementi di forma conica, come i canini), la disinclusione di elementi dentali e la loro estrusione o il movimento di elementi dentari microdontici (di dimensioni inferiori rispetto alla norma).
Questo non significa che chi presenta questo genere di problemi sia condannato all’esclusivo utilizzo di apparecchiature ben visibili. L’alternativa estetica per eccellenza alla classica ortodonzia vestibolare è infatti rappresentata dall’impiego di apparecchiature linguali, mediante la trasposizione dell’apparecchiatura da una superficie all’altra degli elementi dentali.
Le apparecchiature ortodontiche linguali possono essere considerate le uniche vere apparecchiature invisibili in quanto, non avendo alcuna componente inserita sulla superficie degli elementi dentari esposta durante il sorriso, non possono essere apprezzate visivamente durante le normali attività quotidiane. Analogamente alle apparecchiature vestibolari, che vengono applicate sulla superficie visibile degli elementi dentari, si tratta anche in questo caso di un’apparecchiatura fissa (che non può quindi essere rimossa da chi la indossa) e che viene applicata sulla superficie interna degli stessi elementi.
Sebbene l’importanza dell’estetica abbia avuto uno slancio più rilevante solo di recente, sono state proposte delle soluzioni invisibili di questo genere già a partire dagli anni 70, ma tra mille difficoltà. Solo diversi anni più tardi, lo sviluppo di nuovi materiali per la costruzione degli archi ortodontici, le avanzate tecniche di laboratorio e il diffuso impiego di programmi informatici sofisticati, hanno reintrodotto l’ortodonzia linguale come tecnica promettente e competitiva, rendendo così molto più semplice la gestione del trattamento da parte dell’ortodontista e sviluppando apparecchiature più sottili e confortevoli da parte dei pazienti. Il principio di funzionamento delle apparecchiature linguali è pressoché simile a quello su cui si basa la costruzione delle apparecchiature vestibolari: vi sono dei singoli attacchi definiti brackets che vengono posizionati sulla superficie degli elementi dentari (in questo caso la superficie interna) che veicolano il movimento dei singoli denti grazie all’azione di un arco ortodontico metallico che, inserendosi all’interno di una scanalatura (slot) contenuta in una parte del bracket, rappresenta la porzione attiva del sistema.
Le apparecchiature linguali di più moderna concezione (ne è un esempio l’apparecchiatura Incognito™ della 3M) vengono definite customizzate, ossia personalizzate sul singolo paziente, in quanto ogni bracket presenta una superficie d’attacco che combacia fedelmente con la superficie dell’elemento dentario di cui dovrà veicolare il movimento. La creazione di questo genere di attacchi segue un procedimento simile a quello già illustrato per la produzione degli allineatori trasparenti. Anche in questo caso si parte dalla raccolta del materiale utile alla costruzione dell’apparecchiatura (foto e impronte di precisione con materiali siliconici o scanner intraorale). Segue la realizzazione di un modello digitale delle arcate del paziente su cui verrà programmata l’apparecchiatura. Gli attacchi ortodontici verranno creati mediante fusione della lega d’oro di cui sono composti a partire da prototipi prodotti da delle stampanti tridimensionali, mentre gli archi ortodontici verranno debitamente sagomati da degli strumenti robotizzati sulla base della simulazione del trattamento indicata dal medico prescrittore dell’apparecchiatura.
Anche questo genere di dispositivi non sono scevri dalla presenza di inconvenienti. Sono riferiti dai pazienti dei fastidi superiori rispetto alle altre apparecchiature nell’abituarsi alla presenza del dispositivo, soprattutto nelle prime fasi del trattamento, che però in genere scompaiono o si riducono notevolmente durante il corso della terapia. Tuttavia, bisogna tener presente che, a differenza delle mascherine trasparenti, la gamma di movimenti dentali consentiti è molto più ampia, permettendoci di estendere il raggio d’azione della stessa. Ne sono la dimostrazione le numerose pubblicazioni scientifiche prodotte a riguardo. Queste dimostrano, attraverso la presentazione e risoluzione di casi estremamente complessi, come l’apparecchiatura linguale possa portare alla risoluzione della gran parte dei problemi correggibili con le classiche apparecchiature vestibolari.
Concludendo possiamo quindi affermare che i grandi progressi sviluppati dall’ortodonzia, soprattutto in questi ultimi anni, ci permettono di servirci di una vasta gamma di apparecchiature e di poter studiare la soluzione più corretta per ogni tipo di problema, tenendo debitamente conto anche alle esigenze di ogni singolo paziente. Il successo clinico di ogni terapia in ortodonzia non dipenderà quindi dal tipo di apparecchiatura impiegata, ma da una corretta diagnosi e programmazione del trattamento eseguita dallo specialista che potrà in questo modo permettere al paziente di scegliere tra i dispositivi utili a correggere il suo problema.